domenica 26 dicembre 2010

Assemblea ordinaria della CONFENAIE e straordinaria della CONAIE

Apertura dell`assemblea


Presidente della CONAIE Marlon Santi
Membri della comunità di Sarayacu.
Presidente della Comunità di Sarayacu.
Valerinho osservatore dell`assemblea.
Televisioni nazionali intervistano Marlon Santi
Svolgimento dell`assemblea.

Dal 19 novembre si è svolto per alcuni giorni l`Assemblea Ordinaria della Confeniae e straordinaria della Conaie alla presenza di delegazioni di quasi tutte le nazionalità indigene ecudoriane della regione amazzonica e di alcuni mezzi di comunicazione nazionali dell' Ecuador. Alcune come Andoas non erano presenti forse dovuto alle tensioni scaturite negli ultimi tempi con un' altra nazionalità indigena, quella Shiwiar.
In un momento delicata della lotta indigena ecuadoriana che ha chiuso ogni dialogo con il governo, le assemblee hanno assunto un valore ancora più forte rispetto al consolidamento delle nazioni indigene. Ciò perchè negli ultimi tempi c`era stata una tendenza di alcune comunità indigene, a cercare un dialogo con il governo "scavalcando" le risoluzioni approvate in maniera assembleare e che delegano le federazioni a non accettare nessun compromesso con qualsiasi azione dello Stato atta a determinare sfruttamento nelle terre ancestrali.
La convocazione delle assemblee, quindi, ha avuto come obbiettivo principale recuperare una nuova visione di lotta per consolidare le esperienze passate e difendere i diritti ottenuti costituzionalmente e quelle consolidati a livello internazionale, in questo momento sempre più minacciati da istituzioni governamentali e impresariali.
Per una più amplia e dettagliata informazione sopra le assemblee si può linkare

http://www.conaie.org/noticias-antiguas/303-asamblea-general-ordinaria-de-la-confenaie

http://www.conaie.org/noticias-antiguas/304-las-nacionalidades-y-pueblos-indigenas-instalan-la-asamblea-extraordinaria-de-la-conaie

http://www.conaie.org/noticias-antiguas/308-asamblea-ordinaria-de-la-confenaie

venerdì 17 dicembre 2010

Sarayacu, Sumak Kawsay

Un popolo ti chiama
a visitare i suoi anni
lontano da occhi indiscreti
e dai soliti inganni
a lasciarsi andare
con il passo dei tempi
maturi d`amori sperati
offrendoti un connubio dei sensi

Un popolo in lotta
una resistenza infinita
le ferite della terra
da guarire
senza sosta
neanche per urlare
Ancora una scure di esplosivo
sta appena sopra
il sacro odore del bosco
appeso ad un filo d`oro nero
in un clima troppo fosco
per crederlo sul serio

Bisogna appellarsi a quale ragione
o a quali strabilianti intuizioni
perchè si riconosca la saggezza
della giusta pratica del "buen vivir"?
Chi tra i presenti ci porterà fuori
da questi insani circoli viziosi?
Il potere ci promette l`antidoto
al veleno che ci vuole iniettare
riprovando a rendere indolore
le solite cause di forza maggiore

E noi da che parte vogliamo stare?

giovedì 9 dicembre 2010

Comunità "Rio Salomè".

La signora della casa dove ero ospitato con la figlia, una bambina veramente intelligente.


Uno dei due pappagalli "residenti" nella casa, nella foto il meno loquace, l`altro era incredibile!



la capanna tipica dove ci si raduna per colloquiare, discutere, mangiare, bere "chicha".



Preparazione del mio letto! In tutti i sensi, stavano assemblando i pezzi al mio ingresso! Tutto rigorosamente in legno.



Vicino alla comunità c`è una vecchia pista di atterraggio sterrata. Veniva utilizzata in particolare durante la guerra tra Ecuador e Perù






Valerinho a lavorare la terra. Assemblaggio della yucca facendo un foro nella terra con un semplice bastone.






Recinzione della casa dove ero ospite vegetazione tipica del oriente ecuadoriano.






La terra pantanosa della comunità. Quando piove il drenaggio delle acque è assai lento.








La cucina con i simpatici pollettini che scorrazzano in ogni dove!


La prima comunità dove sono stato in ecuador è quella di Rio Salomé, dove sono giunto il 10 novembre dopo aver viaggiato per Guayaquill, Baños, Quito e dalla capitale insieme ad alcuni dirigenti della CONAIE a Puyo.
La comunità di Rio Salomè si trova solo a pochi km da Puyo nella regione orientale dell`Ecuador dominata dalla selva amazzonica. La terra ancestrale della comunità fu recuperata nel 2007 attraverso l`occupazione permanente di differenti gruppi indigeni che hanno resistito alle pressioni della polizia e di altri attori sociali. Sono segnalati alle autoritá giudiziarie diversi episodi di maltrattamenti e di case bruciate che hanno reso difficile la vita della comunità. Nonostante ciò si è giunti ad ottenere per una parte della terra l' avvio e il consolidamento delle procedure per la legalizzazione. Un`altra parte, invece, è afflitta ancora da differenti problematiche determinate, per così dire, da uno "non-status quo" di "invasión" ( come viene chiamata dalla gente della vicina Tarqui, non in maniera molto appropriata, visto che invasión rievoca più azioni militari).
In verità si parla di associazione Rio Salomè, dato che le comunità presenti sono di differente origine, ossia Kichwa (la cui origine comprende un vasto territorio sia in Ecuador che in Perù, in Perù si scrive Quechua), Shuar e Achoar.
L`idioma Kichwa si è tramandato oralmente, anche nelle diverse comunità che mantengono forme dialettali rispetto a questo idioma. Solo in Ecuador ci sono una ventina di comunità che parlano un Kichwa con sfumature differenti. Da ventanni circa si sta procedendo ad impartire una educazione bilingue, introducendo anche la forma scritta dell`antica lingua indigena (i caratteri usati, però, sono quelli occidentali, e in particolare si segue la fonetica del castillano).
La comunità/associazione Rio Salomè è composta di 170 famiglie e mediamente ogni famiglia è composta da 6 persone, dunque un territorio occupato da più di mille individui, per una superficie di 1100 ettari circa.
Parlando con Adolfo, un coordinatore della comunità Shuar ed un ex presidente della Confeniae (Confederación de las Nacionalidades Indígenas de la Amazonia Ecuadoriana), ho potuto conoscere a grandi linee un pezzo di storia della lotta indigena ecuadoriana e gli avvenimenti accaduti in questi territori.
Mi dice che la federazione Shuar fu la prima ad organizzarsi negli anni `60, rispetto alle rivendicazioni culturali e sociali. Nei primi anni di lotta fu appoggiata dai Salesiani con la quale si strinsero forti relazioni di solidarietà. Poi seguirono la federazione Achoar e Kichwa che chiedevano gli stessi diritti e la loro implementazione nella Costituzione Ecuadoriana.
La lotta, dunque, si ampliò ad un numero sempre maggiori di soggetti naturalmente rendendo necessario un progetto organico di lotta. Negli anni settanta si riscontrò che non era possibile lottare ognuno per suo conto, necessitava aprire una stagione di dialogo e di costruzione di una piattaforma comune di lotta. Così nel 1980 nasce la CONFENIAE. Adolfo sottolinea che fu proprio questa federazione ad avere lottato maggiormente nel corso degli anni successivi per la salvaguardia del territorio rispetto ai grandi progetti di sfruttamento minerario, petroliero e del commercio del legname. Una lotta sul campo che non ha lesinato "ferite" e momenti molto difficili, ma che è riuscita a fortificare il movimento indigeno ed a far saltare differenti governi.
In particolare l`obbiettivo della lotta era implementare i diritti costituzionali delle comunità indigene mentre adesso maggiormente renderli sostanziali.
La lotta ha come suo punto centrale la terra ("Pachamama", la madre terra), la sua difesa e la simbiosi che le comunità indigene hanno con essa. Il problema fondamentale è che essa è sempre stata abitata da queste comunità, però non hanno mai avuto l`astuzia occidentale di costituire documenti legali per trasformarla in proprietà. Evidentemente non ne avevano bisogno per vivere felici e in pace!
Le lotte indigene ecuadoriane hanno stimolato un dibattito sopra la riforma agraria e l`utilizzo del suolo. Adolfo mi dice che già negli anni `70, lo Stato crea un`istituzione pubblica, la IERAC, con l`obbiettivo di sistematizzare le destinazioni agricole e forestali. Il punto centrale era che i proprietari di terra dovevano destinare il 50% della terra alla coltivazione con il risultato che i piccoli proprietari come gli indigeni delle varie comunità, erano costretti a deforestare per mantenere i diritti di proprietà. Lo stato progettò una manovra di raggiro nei confronti degli indigeni ma proprio la Confeniae che assunse un ruolo determinante nella lotta contro quella legge e contro anche la tendenza culturale dominante che vedeva gli indigeni come persone di scarsa lena lavorativa e di scarsa conoscenza rispetto alle tecniche di lavorazione agricola. Quella lotta produsse lo scioglimento della IERAC. Ciò rinvigorì il movimento indigeno nel suo complesso, non solo la regione amazzonica, stimolando l`ambizione di vedere implementato il diritto costituzionale che più di tutti consolidasse la dimensione sacra della terra e del "buon vivere".
Il "Sumak kawsay" ("Buen Vivir") è, appunto, l`aspirazione più sentita, fondata nella pratica di una vita ecologicamente sana , libera dall`inquinamento, giusta e solidaria con tutti gli esseri umani che ne fanno parte. Ciò significa limitare la deforestazione, fiumi puliti, conservare il bosco da sfruttamenti di qualsiasi genere, sviluppare un`agricoltura tradizionale e propria.
Il "Sumak Kawsay" fu riconosciuto come diritto costituzionale nell`Assemblea Costituente del 2008 indetta dal Presidente Correa, dopo la sua "Revoluciòn Ciudadana" ossia l`epurazione dell`antica classe politica e dirigenziale per proiettarsi nel socialismo del nuovo millennio.
Come spesso accade le tentazioni, che si offrono quando si comanda una nazione che ha un territorio ricco di risorse naturali, portano a desviare dagli antichi proclami e promesse. Così ben presto le comunità indigene sono venute ai "ferri corti" con il Presidente Correa che secondo le parole di Adolfo, ha mostrato un`attitudine razzista, discriminatoria e persecutoria contro, in particolare, i leader delle comunità. Anche nel periodo del governo Correa non sono mancati gravi episodi come quello successo a Macas nel 2009. In occasione della protesta contro lo sfruttamento minerario in Macas uno scontro con la polizia provocò la morte di un membro della comunità indigena. Dunque non ci sono relazioni con il governo Correa, malgrado il suo socialismo del nuovo millennio, non si intravedono spiragli di dialogo in quanto del tutto deficitaria rispetto alle rivendicazioni indigene (tra l`altro vi è una risoluzione approvata da tutte le comunità indigene in Assemblea e ricordata dal Presidente della CONAIE Marlon Santi durante l`Assemblea della CONFENIAE, che dichiara la determinatezza a seguire una linea dura contro il governo, la chiusura a qualsiasi dialogo che si fondi su qualsiasi compromesso che metta in pericolo l`ecosistema e la dignità delle nazioni indigene, la risoluzione di Ambato).

La comunità di Rio Salomè fu recuperata come terra ancestrale nel 2007. Naturalmente ci furono pressioni della polizia, case bruciate, maltrattamenti che, però, non scoraggiarono gli occupanti e anzi attirando la solidarietà di altre comunità.
I 1100 ettari della antica "Hacienda" erano sfruttati per produrre thè verde. La proprietà di buona parte della terra e della fabbrica passò dalle mani di un imprenditore svizzero a quelle di alcuni australiani, un "escamotage" per non pagare i lavoratori che non stavano ricevendo lo stipendio. Negli anni `70 non furono pochi i casi di lavoratori assassinati per le proteste che indicevano. Ma l`ostinazione indigena, anche in questo caso, ha prevalso. La fabbrica è chiusa da 16 anni, dal 2007 il territorio è in occupazione e una buona parte è già nel processo di legalizzazione definitivo.
Non mancano, tuttavia, momenti di tensione anche in questo periodo, in particolare per il territorio ancora considerato "Invasión" in quanto ci sono degli imprenditori americani che vorrebbero comprarla e far rifunzionare la fabbrica. Altro motivo di tensione sono 80 ettari di territorio in zona "rossa" per così dire, ancora di proprietà dell`imprenditore svizzero e nella quale la comunità vuole riflorestare alberi che là non esistono più per la distruzione prodotta da questi imprenditori. Vorrebbero fare un sentiero ecologico nella quale piantare alberi come il "Guayacón", il "Pechiche" e il "Cedro", prendendoli dalla comunità di "Sarayacu" dove fortunatamente fino ad ora non sono minacciati dall`avidità dell`uomo.
Lo "strozzino" svizzero vorrebbe 2.5 dollari il metro quadro, ossia 25000 dollari il km quadrato, ossia 2 millioni di dollari per tutti gli 80 ettari! La comunità rivendica i suoi diritti ancestrali, ma sicuramente a quelle condizioni non sarebbero in grado di comprare.
Dunque stanno studiando alternative per progetti anche che possono prevedere introiti, con istituzioni e organizzazioni. Oltre alla coltivazione della yucca, platano, papachina, camote (tubero simile alla yucca) e altro ancora non solo per il proprio fabbisogno, si stanno progettando riserve naturali per produrre erbe medicinali, con animali tipici per attrarre visitatori e altro ancora.
Non sono, però, le istituzioni locali a poter garantire un sostegno alla comunità. Il governo municipale di Puyo, non propone nessun tipo di dialogo e manifesta non di rado attitudini razziste. Dunque la comunità sta facendo una ricognizione delle istituzioni e organizzazioni che possono garantire un sostegno ai loro progetti. Però, al tempo stesso, ha già avviato la pianificazione di un programma per la costruzione di una scuola e di un ospedale nell`area comunitaria, ricavando le prime risorse attraverso l`autogestione. Naturalmente sono ben graditi interessamenti di organizzazioni e associazioni in tutto il mondo (e nella nostra amata Italia) che possano porre attenzione alle aspirazioni della comunità di Rio Salomé. Per il 2012, comunque, è previsto già un primo presidio ospedaliero e scolastico per un invistimento di 100.000 dollari.
Altro problema iniziale da affrontare fu la presenza nella comunità di coloni ma oggi le relazioni sono buone e i "Mingas" servono a consolidare la solidarietà comunitaria. Anche durante i "Mingas" non manca assolutamente la "Chicha" (un distillato che si fa con la yucca, ma anche con l`avena e il mais come in Perù) che viene portata dalla "signora" della casa ospitante a tutti gli ospiti senza .. darli tregua! :-)

La famiglia che mi ha ospitato alcuni giorni nella terra occupata, è originaria di Sarayacu, da quasi 7 anni si è trasferita prima a Puyo dove ha aperto un piccolissimo ristoro di cucina naturale (benché limitata solo a due varietà di pesce, yucca e poco altro ancora, il cibo è veramente buono e fresco) e dopo nella terra occupata nel 2007 dove ha costruito una casa in legno su proprio disegno. La comunità non ha energia elettrica così una notte di ritorno alla casa, dopo una pioggia battente che non mi aveva mollato neanche un secondo, mi sono perduto imbrattandomi nella terra pantanosa di queste zone e ingaggiando una spietata guerra contro una legione di zanzarine non per niente intenzionate a mollare i miei piedi scoperti dai sandali.
Le mie garbate urla in cerca di qualcuno che mi potesse indicare la via, inizialmente hanno prodotto l`effetto di far abbiare e avvicinare qualche cane di guardia e di far chiudere precipitosamente porte e finestre a qualche madre di famiglia, suppongo. Ma alla fine qualcuno vinto dalla curiosità di sapere chi era il demente che stava starnazzando con tanta veemenza, si è incautamente posto nella soglia di casa e mi ha rivolto la parola!! Alla fine si è convinto che non presentavo pericolo e così mi ha gentilmente scortato alla casa del buon Joel, il proprietario della casa dove ero ospitato. Entrambi, però, (io più di lui!) ci siamo sorpresi che non c`era nessuno in quel momento, così sono dovuto tornare nei pantani con la scia di zanzarine incazzate che non mi perdevano di vista per uscire dalla comunità ed andare nella scuola di Tarchi, a circa 2 km, ad incontrare un nipote di Joel, che vive nella stessa casa. Ma ancora più sorprendentemente mi è uscito un sorrisino autoironico quando, una volta incontrato il dilegente nipote in divisa scolastica, mi ha detto che la porta della casa era aperta e sarei potuto entrare!! Vabbè, segno che doveva essere la notte dei pantani e dei "mosquitos"!
Nella casa erano presenti anche due pappagalli, uno dei quali eccezionale! Riproduceva varie voci e suoni come quelle delle risa della bambina di due anni della casa di fronte, quella del cane della famiglia e altre ancora. Gli piaceva in particolare "parlare" sotto la pioggia (parafrasando il celebre "singing in the rain", incredibile come pareva impazzito di gioia godendo della pioggia sopra il suo trespolo preferito. Naturalmente ho registrato dei video!).





martedì 30 novembre 2010

"24 diálogo por la vida" 4 dicembre 2010. La lotta della comunitá indigena Tzawata.

É giá quasi un mese che mi trovo in Ecuador e sto conoscendo le esperienze di alcune comunitá indigene in lotta. A Quito ho conosciuto il presidente della Conaie (Confederación de Nacionalidad Indígenas del Ecuador) Marlon Santi e alcuni compagni della organizzazione con i quali sono andato a Puyo, piccola cittá ai margini della regione amazzonica, da dove,poi, ho potuto recarmi in alcune comunitá indigene in lotta per differenti motivi (contro la devastazione ambientale provocata dallo sfruttamento delle miniere, del petrolio e deforestazione per il commercio di legname). Mi sono recato in ordine nella comunitá di "Rio Salomé", a 15 minuti di autobus da Puyo, nei pressi di Tarqui dove una parte del territorio si trova in occupazione (la gente da queste parti la chiama "invasión"), a Sarayacu, all´interno della selva amazzonica raggiungibile solo via fiume o con aerei turistici che funzionano (non sempre) da "navetta" per alcune delle 5 comunitá presenti nel territorio, a Tzawata presso il municipio di Capricho nella provincia di Napo a circa un´ora da Puyo in direzione di Tena e mentre sto scrivendo nella "Comuna di Salango" nella costa pacifica.
Incominceró a parlare della comunitá del popolo Ztawata la quale é in questo momento la piú esposta al conflitto sociale contro l´impresa mineraria canadese Merendon e contro la "Secretaria del Pueblo" come istituzione pubblica. In occasione della lotta che stanno affrontando la comunitá Tzawata, ora unita ad altre due comunitá che si trovano nei territori vicini (comunitá Ila e San Clemente), é stato indetto una giornata di mobilitazione e di festa per il 4 dicembre 2010 nella terra occupata (vedere http://ecuador.indymedia.org/es/2010/11/34431.shtml e http://www.conaie.org/component/content/article/4-noits4/296-8-meses-tomados-nuestra-tierratzawata-en-pie-de-lucha ). Il "Kuraka" (presidente, capo) della comunitá Ramiro Aguinda e il coordinatore dell´organizzazione giovanile Adelmo, in questa settimana faranno un "tour" delle radio locali e nazionali per pubblicizzare l´evento, nel quale parteciperanno molte delegazioni delle comunitá indigene di tutto l´Ecuador e le varie confederazioni come la Conaie. La compagnia canadese ha "aperto" una miniera a cielo aperto di oro provocando devastazione ambientale. In particolare deforestazione di un´area di almeno 100 ettari e bonifica di una laguna che rappresentava per la comunitá una delle fonti di sussitenza per la presenza di differenti tipi di pesce, inquinamento della terra (in questo momento non si puó coltivare in quell´area perché non cresce niente) e contaminazione delle acque che hanno provocato nel passato casi di patologie molto gravi per la presenza riscontrata di valori alti di tacce di cianuro, di piombo e di altre sostanze chimiche pericolose. Dopo l´inizio dell´occupazione e della lotta della comunitá Tzawata, la Merendon ha cercato di reagire pressando le autoritá, dalla quale ha ottenuto complicitá, con l´obbiettivo di far andare via la gente dalla terra, cercando, oltrettutto, di intimidirla bruciando e distruggendo le case in legno e tutto ció che era presente nel territorio. Sono 10 mesi che la comunitá vive questa lotta con la tensione di conseguenze gravi che possono accadere (fino ad ora non si sono verificati episodi gravi contro persone) per le minacce ricevute. Ció ha indotto la comunitá ad organizzare ronde di guardia in tre turni notturni, per assicurare protezioni alla terra occupata. In realtá poi non si tratta di terra occupata ma di una legittima pretesa di riappropriazione dei diritti ancestrali che la comunitá possiede su quella terra (627 ettari). La storia di questa terra é la storia delle comunitá indigene che sempre l´hanno abitata e l´hanno rispettata. Perció legittimamente la comunitá Tzawata protesta non solo contro lo sfruttamento minerario avvenuto precedentemente ma anche contro la vendita dei diritti di quella terra da parte della Merendon a favore della "Secretaria del Pueblo"(Ció mi é stato detto dal "Kuraka" della comunitá che ha aggiunto che l´organismo pubblico della "Secretaria del Pueblo" é disposta a vendere la terra alla comunitá ma per un valore di 650 dollari per ettaro! Piú di 400.000 dollari per il totale dei 627 ettari!). Dunque la Merendon non poteva vendere la terra che non le appartiene e la "Secretaria del Pueblo" non puó comprarla e esercitare diritti sopra di essa. Perció le tre comunitá congiunte (Tzawata, Ile, San Clemente, ci sarebbe una quarta comunitá ma non di indigeni originari che sono stanziati in un piccolo appezzamento del territorio, la comunitá di "Rio Anzu" che peró, proprio perché non originaria, sarebbe disposta a trattare per la comprovendita della terra) in questa settimana presenteranno una denuncia formale alle autoritá giudiziarie perché venga annullata la compravendita tra la Merendon e la "Secretaria del Pueblo" e sia restituita la terra ai legittimi proprietari, ossia la gente che lá ha sempre abitato. Attraverso l´ufficio legale della Conaie si procederá ad avanzare nella lotta per legittimare la posizione delle comunitá rispetto alla terra che stanno occupando.
In questo senso é stato molto importante il sostegno ricevuto dalle altre comunitá indigene ecuadoriane della serra, della costa e dell´oriente che in piú occasioni hanno mostrato la loro solidarietá e il loro contributo attraverso "Mingas" (lavori collettivi) per costruire e ricostruire le case e le strutture in questo momento presenti nella terra occupata.
L´evento del 4 dicembre rappresenta un momento importante anche nel senso di fortificare questa solidarietá in un momento cruciale della lotta. Un evento che perció diventerá non solo un momento di dibattito e di proclamazioni di intenti ma anche di festa. L´organizzazione giovanile sta preparando momenti e spazi per musica, ballo e tradizioni della comunitá, una giornata, quindi, che si preannuncia molto interessante, sperando nella presenza di molta gente anche non indigena.
Nei prossimi post continueró a parlare di questa e delle altre comunitá che ho conosciuto.

giovedì 25 novembre 2010

le foto di Manaus e presidente Figuereido

L`arrivo "mandrughinho!" a Manaus (alle 6.15 ma in realtà mi accorgo più tardi che a Manaus bisogna mettere un`ora indietro)Porto di Manaus e il ponte in fase di ultimazione, alle prime ore del mattino.Teatro Amazonas
Mostra dell`artista svevo-peruviano Felipe Lettersten nell´antico palazzo di giustizia di Manaus.



Presidente Figueiredo.
Le foglie di Victoria Regia in una piccola laguna nella sponda del Rio Negro opposta alla città di Manaus.

La mia permanenza a Manaus è durata 6 giorni, di cui 1 di escursione nella riva opposta del Rio Negro e 2 passati in un luogo a 130 km circa da Manaus, nel comune di Presidente Figuereido nel cui territorio è presente un sistema complesso di cascate di piccole dimenzioni, fiumi e ruscelli immersi nella magica foresta amazzonica, uno splendido luogo che è assai frequentato da amanti della natura e della avventura (si possono fare molte attività) . Purtroppo i contatti che avevo avuto per conoscere alcune esperienze di lotta nei pressi di Manaus non sono stati sfruttabili (come del resto la maggior parte di quelli che avevo dall`Italia per le varie destinazioni del mio viaggio!), uno per un numero di telefono errato e l`altro, avuto da un militante del WWF di Rio de Janeiro, che è risultato sempre irrangiungibile. Ogni modo sono stati giorni interessante per visitare luoghi molto belli, dalle cascate prima citate a le gigantesche foglie di "Victoria Regia"nel bosco sulla sponda del Rio Negro opposta alla città , che arrivano, incredibile, a sopportare una carico tra i 30 e 50 kg! Queste magiche foglie, presenti in una piccola laguna, sono il riparo anche dei simpatici "cayamos" che, però, non si sono presentati al mio arrivo per uno scambio di vedute! Beh sarà per un`altra occasione, per questa volta gli è andata bene!
Il fenomeno del fiume bicolore per le acque di differente densità trasportate dal Rio Negro e Rio Solemoes, i magnifici scenari che si aprono appena fuori da Manaus. I corsi dei fiumi in ottobre sono bassi ma alzano un poco i propri livelli dopo gli scroscianti temporali che quasi ogni giorno si verificavano, facendo immaginare che spettacolo naturale debba essere quando arriva la stagione delle piene. La vegetazione e quegl' alberi slanciati che sommersi mantengono la loro "testa" fuori dall`acqua, a dar ossigeno agli "occhi" di chi non può non rimanere meravigliato.
Manaus non l´ho trovata molto interessante però è anche vero che ci sono stato molto poco, solo tre giorni se si considerano le escursioni. Molto interessante sono i giardini zoologici, dove sono salvaguardate specie in via di estinzione.
Il centro della città è dominato dal teatro Amazonas e dall`antico palazzo di giustizia della città, dove era allestita una mostra scultorea di Felipe Lettersten veramente interessante, non solo per il valore artistico delle sue opere, ma anche per la sua traiettoria di vita. Nato in Perù da genitori svedesi, fin da bambino conosce l`Amazzonia e le tribù indigene che la vivono. Si laurea a San Diego e viene in Italia, in particolare nella nostra amata Firenze, dove, immagino, abbia affinato le tecniche della grande scuola rinascementale, ammirando il "realismo" delle sue opere. Dopo di chè si reca nelle comunità indigene, da cui era sempre rimasto affascinato, a tal punto da voler approfondire la sua esperienza di vita (vivendoci a lungo) e artistica producendo una notevole serie di statue a dimenzione naturale degli indigeni. Nel caso delle statue da me ammirate, del gruppo indigeno Quechuas.
Il suo impegno è, quindi, duplice, artista ma anche difensore dell`eredità ancestrali proprie di questi popoli, che li caratterizzano per uno stile di vita fondato prevalentemente sul rispetto della natura e della propria cultura. Il buon Felipe ha anche una pagina in Facebook per chi la vuole visitare.
La gente di Manaus mi è sembrata molto più chiusa di quella di Belém, ma anche in questo caso non posso affermarlo in assoluto visto che ci sono stato solo pochi giorni.
Nota dolente dei giorni passati a Manaus è la distrazione informativa con la quale ho mancato ad uno degli eventi più importanti della città il 24 ottobre (24 e il 25 di ottobre sono andato a Presidente Figueiredo).
Mi diranno, poi, nel "battello più pazzo del mondo", che è sempre una festa molto valida!! Aihmè !

venerdì 19 novembre 2010

Belém-Santarem-Juruti, prima tappa della traversata amazzonica.

La nave Nelio Correa, prima delle 5 in totale che ho preso per arrivare a Iquitos.






Santarem (fiume bicolore conme a Manaus.















Signori si parte! Il 12 di ottobre lascio Belém in direzione di Santarem ! Il viaggio in Amazzonia ha il suo inizio a bordo del battello Nelio Correa, sicuramente la nave più carina per come era strutturata e per come si mangiava (meglio sicuramente delle altre nel corso della traversata).
Navigare per un totale quasi di due settimane, escluso le soste, dall`alba al tramonto nel sistema fluviale più grande al mondo e su un hamaca dondolata dal vento, è sicuramente un`esperienza unica. È soprattutto una questione di energia, la forza della natura così dirompente scorre nelle arterie della regione amazzonica, una moltitudine di affluenti, sub-affluenti, ruscelli e ruscelletti che si incontrano e si dividono e danno linfa ad una vegetazione lussuriosa e con una biodiversità che non si incontra in nessun`altra parte del mondo (ed io sono capitato nella stagione secca!).
Uno spettacolo che va gustato senza fretta come sono i tempi delle "autostrade" amazzoniche, viverlo con le cadenze sublime del susseguirsi delle albe, dei giorni, dei tramonti e delle notti, che si adagiano lentamente uno dopo l`altro fino a farti arrivare al tuo destino. Sentendo gli umori che cambiano improvvisamente, con i temporali potenti e suggestivi che rompono la quiete del cielo.
E il silenzio che accompagna la vegetazione ininterrotta, le case delle genti indigene che abitano in perfettamente sintonia con la natura e il loro avvicinarsi alla nave con le loro canoe, agganciandosi in corsa alla nave e salendo a bordo per vendere prodotti naturali, o direttamente dalla loro canoa.
La bassa Amazzonia è meravigliosa, piena di frutti che non avevo mangiato prima e già a Belém e nelle varie comunitá ne avevo fatto delle belle "scorpacciate"! Altissimi e affascinanti alberi che germogliano nelle loro "alture" Il super vitaminico Açai, dal colore violaceo-nero, presente solo nel Parà e degustato con farina di mandioca (lo zucchero per chi vuole!), il delizioso cupuaçu, acerola, graviola con le loro provocazioni delle "pupille gustative", il succo di goiaba (già conosciuto e spesso "stracannato" durante i pasti a Rio de Janeiro) e poi ancora maracuja, caju, abacaxi (più o meno la nostra ananas), coco, banana, abacate (avocado), amendoim, morango e la fantastica castanha do Parà (castagne del Para) che ha un valore nutrizionale incredibile ed è veramente buona!
È difficile pensare di poter fare a meno di tutto ciò, è un paradiso di vita e di delizie, e non solo da mangiare. Scenari unici, i suoi alberi slanciati verso il cielo sembrano ballare quando il vento batte contro ad essi e le foglie gigantesche dei platani sono le loro "sottane" svolazzanti! Il ballo della natura con i suoi colori intensi che si susseguono nei diversi momenti della giornata e ti offrono una tregua dalle corse quotidiane che in questi momenti ritieni del tutto insensate. È una riconcilazione con la vita!
Purtroppo tutto questo stupore cullato dal lento procedere del battello, si interrompe alla visione delle imprese di legname che spuntano ogni tanto da qualche radura nelle sponde del fiume.
Senza pormi il problema se stanno operando in maniera legale o no, non è sicuramente uno spettacolo edificante, vedere le "ferite" dell`Amazzonia pronte per essere caricate e trasportate dove qualche avido commerciante lucrerà in maniera pingue vendendole come pregiate (Ma quelle ferite non sono pregi piuttosto "spregi" in nome del denaro!).
Nella zona di Juruti, proseguendo dopo Santarem, le comunità Riberinho stavano bloccando le navi di legname illegale (nei prossimi post ne parlerò).
E a bordo della nave si conosce la gente, si parla, si gioca, si mangia insieme e ci si ritaglia i lunghi momenti passati anche da soli. I miei dedicati alla creatività, sempre con la macchina fotografica pronta, suonando con la mia clavietta "magica", scrivendo poesie ecommenti, leggendo e contemplando i colori trasformati dalle varie luci della giornata (ricordando Monet!).
Anche in questo caso, però, l`armonia dei sensi si interrompe quando mi capita di vedere gettare rifiuti nel fiume da parte di chi ha a due metri il cestino a disposizione! E anche se non fosse a due metri non porta via molto tempo concepire una raccolta dei rifiuti rispettosa del grande fiume! Devo dire che una prassi comune, non c`è sicuramente una cultura dell`ambiente da parte della stragrande maggioranza dei viaggiatori amazzonici.
Dopo tre giorni di navigazione arrivo a Santarem dove dovevo incontrare il "Coletivo Puraqué" e visitare quello che mi avevano detto essere un luogo splendido, Alter do Chão, ma l`incontro con Mercedes del MST ha cambiato i piani e sono stato solo mezza giornata a Santarem, ripartendo il pomeriggio per Juruti (circa 15 ore di viaggio).
Anche a Santarem come a Manaus si può osservare il fenomeno del fiume bicolore, suggestivo come la biodiversità anche delle acque che lo provoca, un mondo speciale al quale dobbiamo tutti qualcosa se è vero che questa parte del mondo è il nostro polmone da preservare se vogliamo continuare a essere una specie non in via di estinzione.